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Stare con i poveri non per beneficenza, ma per giustizia!

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QUOTIDIANITA' E VITA

Stare con i poveri non per beneficenza, ma per giustizia!


13 Luglio 2014

                                                                                                                                                                di Egidio Chiarella


Papa Francesco più volte ha affermato, parlando a migliaia e migliaia di persone, che "si fa esperienza di Dio incontrando il prossimo". Parole che hanno dentro il loro significato un senso alto e rivoluzionario, perché spalancano le porte alla condivisione e alla vera comunione tra gli uomini. Soprattutto rendono attuali i gesti di Gesù quando, per le strade della Palestina, incontrava e sosteneva gli afflitti, gli umili, i peccatori, gli infermi. "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero" (Matteo 11,25-30).

Se imitassimo Gesù potremmo cambiare il mondo, senza l’utilizzo di guerre economiche o peggio ancora di scontri bellici, ormai regolati da armi chimiche, capaci di distruggere, in poco tempo, ogni progetto positivo dell’uomo. Bisogna avere il coraggio di passare dalla commiserazione o dalla pietà fine a se stessa, alla piena consapevolezza che il povero non venga mai utilizzato, ma invitato a fare assieme un tratto necessario di strada. Il vangelo non ci parla di ospedali di campo, ma di messaggi reali di amore fraterno, in grado di sanare ogni piaga materiale e spirituale. Incontrare il prossimo non può che essere totalizzante, senza mai voltarsi dall’altra parte della sofferenza.

Stare con i poveri non è quindi un atto di solidarietà fine a se stessa o di beneficenza casuale, per mettere a posto la nostra coscienza! Si tratta invece di aprire un varco, oggi troppo stretto, che consenta al più debole di avere un po’ di giustizia, accendendo la speranza e avviando un cammino non più scontato al ribasso, da molti catalogato in modo negativo e senza possibilità di ripresa. Il vero cristiano lavora per ridurre le ingiustizie sociali che si presentano sempre di più nella loro durezza. Troppi sono gli emarginati, i senza tetto, gli sprovvisti di un pasto caldo,  i privi di lavoro e mancanti di una famiglia, gli anziani scartati. Non bastano la Caritas e le associazioni parrocchiali di turno, ben motivate e presenti sul territorio! Serve una concezione diversa della vita, sintonizzata sul vangelo.

Un modello sociale che abbia anche nelle leggi statali una nuova visione della componente più debole della comunità. La consapevolezza che aiutare il prossimo in difficoltà significhi anche stabilizzare la propria realtà sociale, in quanto tutti siamo parte dello stesso corpo universale dell’umanità. Ogni ingiustizia che viene rasa al suolo, permette di guadagnare un pezzo di terreno a favore di una bonifica spirituale e materiale, che solo la giustizia rende possibile anche in una democrazia avanzata, come quella che insiste in buona parte del mondo.

Per conoscere Dio nel prossimo è anche necessario che la società attuale dia la giusta dimensione ai beni in suo possesso, spesso basati, come dice il Papa, su "un’economia dell’esclusione e della iniquità" che spinge l’uomo a convivere con la "cultura dello scarto". Secondo il Santo Padre è proprio il nostro tempo che "con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo" produce "una tristezza individualistica che scaturisce dal cuore comodo e avaro". Si capisce chiaramente  che molti sono gli ostacoli sulla strada di chi sente il bisogno di  incontrarsi con il prossimo, ma il cristiano non può e non deve fermarsi!

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