"Sono uguali agli angeli"
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Riflessioni Varie sulla Parola
"Sono uguali agli angeli"
Sul Vangelo di Luca (Lc 20,27-38)
10 Novembre 2019 | di Sac. Giuseppe Biamonte |
Abbiamo
da poco celebrato la commemorazione dei nostri fratelli defunti.
La
morte dei nostri cari ci lascia molto spesso un vuoto incolmabile, il quale se
non è adeguatamente riempito con la preghiera e la frequenza ai sacramenti, può
trasformarsi in lacerazione dell’animo, chiusura alla vita di fede o disperazione.
Molte
sono le domande che sorgono nel nostro cuore in seguito alla perdita di un
proprio congiunto, quelle più ricorrenti son queste: dove sono? Che cosa fanno?
Esiste una vita dopo la morte?
Nel
vangelo di questa trentaduesima domenica del tempo ordinario, Gesù ci dona una risposta
che rappresenta un motivo di gioia; egli ci dice che gli uomini dopo la morte
continuano a vivere, e che quelli giudicati degni della
vita futura risorgeranno con un corpo glorioso, spiritualizzato: saranno uguali
agli angeli.
I
sadducei al tempo di Gesù erano grandi proprietari terrieri, che avevano paura
di perdere le loro proprietà e che il loro patrimonio si disperdesse nella
suddivisione tra i discendenti. Finanche il loro modo di parlare con Gesù, nel
vangelo a proposito della donna che ebbe sette mariti, rivela un loro modo di
essere troppo venale e attaccato alle cose della terra: “La donna dunque, alla
risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in
moglie”. Essi, considerano quella donna
come un oggetto, una parte delle proprietà.
Uomini
come questi non potevano mai comprendere il mistero della vita dopo la morte e
della resurrezione. Per questo ironizzano sulla morte. Un giorno, Gesù ebbe a
dire a Nicodèmo: “Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo
Spirito è Spirito” (Gv 3,6).
Quanto
più siamo impastati di “materialità”, tanto più non riusciremo a capire che la
vita non è tolta con la morte, ma trasformata. Chi vive troppo attaccato alle
cose della terra trascurando le cose spirituali, non riuscirà a concepire l’esistenza
di una realtà estranea alla logica del possedere. Chi è sempre preoccupato di
perdere le cose e le persone, non riuscirà mai a generare vita. La sua vita
sarà sterile.
Ci
illudiamo di possedere le cose o le persone, fino a quando la realtà bussa alla
nostra porta e ci costringe e renderci conto che non c’è nulla che possiamo
considerare nostra proprietà. Tutto ci viene donato da Dio. A volte, vigiliamo sulle nostre proprietà,
affetti e relazioni, le difendiamo con le unghie dimenticando che tutto passa.
Educare
ad una sana ed equilibrata relazione, a non possedere le persone come si fa con
gli oggetti e a decentrare lo sguardo dalla terra è il segreto per vivere già
da figli del Risorto.
Nella
prima lettura tratta del libro dei Maccabbèi troviamo un formidabile esempio di
come bisogna educare ad una vita libera e liberante, a una vita da risorti.
In
essa troviamo una madre che insegna ai suoi sette figli il vero valore della
vita: “Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato il respiro e
la vita, né io ha dato forma alle membra di ciascuno di voi […] senza dubbio il
Creatore dell’universo, che ha plasmato all’origine l’uomo […] per la sua
misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita […]. Ti scongiuro
figlio mio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi
che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere
umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli,
accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel
giorno della misericordia”.
Gesù,
Tu sei il Dio dei vivi e non dei morti. Tramuta la mia debole fede in certezza
che solo in Te è la sorgente della vita che non ha mai fine.
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