Rimanete in Me
Riflessioni Varie sulla Parola
Rimanete in Me
Sul Vangelo di Giovanni (Gv 15,1-8)
3 Maggio 2015 |
di Sac. Giuseppe Biamonte |
Dio ha un sogno: che ogni uomo rimanga vicino al Suo cuore attraverso il Figlio Gesù.
Gesù per esprimere questo desiderio del Padre si serve di un’immagine tipica del mondo contadino, quella della vite e dei tralci.
Gesù si paragona alla vite, cioè alla Chiesa che soffre per ogni taglio o potatura dei suoi tralci cioè dei suoi figli.
Ci chiede di rimanere in Lui per portare frutto.
Badate bene, Gesù, non dice di rimanere con Lui, ma di rimanere in Lui. Egli non vuole una semplice compagnia, ma qualcosa di più profondo, di più sacro, la nostra intimità con Lui, la nostra relazione di fedeltà.
Rimanere o staccarsi da Gesù dipendono da ogni nostra libera decisione. Dietro il simbolo del tralcio secco, c’è il mistero del nostro rifiuto che l’uomo può opporre alla vita e all’amore.
I tralci siamo noi cristiani che aiutano la Vite, Gesù, la Chiesa a estendere i Suoi germogli nuovi, freschi nella storia dell’umanità.
Come i tralci si aggrappano ai vari sostegni che trovano per abbracciare tutti, per portare a tutti i chicchi dell’uva e perfino ai rovi, allo stesso modo il cristiano fedele a Cristo non deve avere paura di trasmettere con coraggio la Parola del Signore, il frutto della fede che abbiamo ricevuto nel battesimo, cioè il lieto annuncio, in ogni angolo della terra, anche se questo può procurarci “potature” e sofferenze.
Il cristiano è consapevole della sofferenza che può derivare dal fatto di stare uniti al Signore, dal fatto di portare il “frutto”, annunciare Gesù Cristo nella vita dei fratelli. E’ Gesù stesso a ricordarcelo: «ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto».
Cos’è questa potatura? E’ sopportare il taglio alla nostra autosufficienza, alla nostra autoreferenzialità, al nostro orgoglio, alla nostra vana gloria, che possono derivare persino dalla nostra attività di evangelizzazione.
Accettare di essere potati significa anche accettare i nostri fallimenti, far morire quella parte superficiale e mediocre che non aiuta la Chiesa a crescere nella fede e nella comunione, ma a coprirla fino a soffocarla con il “fogliame” di un’esteriorità apparentemente bella ma fittizia e sterile.
Anche se dovessimo compiere miracoli sulla terra, dobbiamo ricordarci che tutto è dono di Dio. «senza di me non potete far nulla».
Gesù nel vangelo ci dice : «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10).
La gloria del Signore è nell'uomo che porta frutto, nella fecondità che lo aiuta a farlo conoscere fino ai confini della terra.
La Vite, la Chiesa senza i tralci, senza di noi non può portare frutto nel mondo. Una chiesa viva, feconda e operosa, infatti, dipende dai tralci, dal comportamento e dalla testimonianza di cristiani autentici e credibili che riconoscono e rispettano i vari ruoli all'interno della Chiesa. «Io sono la vite e voi i tralci».
Cristiani che non vogliono sostituirsi alla Vite, o addirittura ergersi al ruolo della Vite. E’ segno di umiltà e di mitezza riconoscersi bisognosi di Cristo e della comunità di cui si è membri.
Gesù nel vangelo parla anche di taglio, di separazione, di morte per chi non porta frutto. Cos'è questo taglio?
E’ quell'agire autoreferenziale, del volere fare da soli in modo egoistico, del non sottostare a nessuna regola o nel darsi delle proprie regole che provoca il taglio, la separazione dalla vite e il nostro morire.
Cristo non esclude nessuno dalla Chiesa. La scomunica ce la procuriamo noi adottando uno stile di vita anticristiano, anti evangelico e sterile.
La sterilità può passare attraverso dei finti sorrisi, attraverso finti saluti dati solo per abitudine o convenienza, oppure attraverso una carità fatta senza emozione o trasporto, attraverso un bene fatto per forza, cioè attraverso frutti vuoti, senza polpa saporosa di autenticità.
Quali sono, invece, i frutti che si producono rimanendo in comunione con Gesù e con la Chiesa?
Tali frutti sono quelli enumerati da San Paolo nella lettera ai Galati: «Il frutto dello Spirito, invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (Galati 5,18-22 - 25).
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