Servo buono e fedele
Riflessioni Varie sulla Parola
Servo buono e fedele
Sul Vangelo di Matteo (Mt 25,14-15.19-21) - Forma Breve
16 Novembre 2014 |
di Sac. Giuseppe Biamonte |
La bellezza salverà il mondo scriveva il grande scrittore Dostoevskij nel suo famoso romanzo, l’Idiota.
Questa bellezza deve essere intesa come la capacità di essere intraprendente nel bene. Chi ha cuore gli altri cerca in tutti i modi di renderli felici e soprattutto di pensare a loro bene. Penso alle nostre nonne che condividevano con generosità le primizie dei loro raccolti, delle loro provviste, del loro pranzo o della loro cena con i vicini di casa che erano poveri.
Dalle loro mani partiva la bellezza dei gesti della solidarietà, il profumo della carità operosa, e noi che eravamo mandati da esse, diventavamo i “piedi” di Cristo, del buon Samaritano. Ci accingevamo a trovare il fratello povero per le vie del paese, allungavamo le mani, per distribuire quella provvidenza che partiva da Dio prima ancora che dall’uomo. Dio unge e fascia le ferite dell’umanità servendosi dell’olio della nostra consolazione e compassione.
Questa bellezza interiore e questa grazia di cui nessuno è privo non sfioriranno mai e il tempo può soltanto farle accrescere. Le opere buone, infatti, rispecchiano in noi la presenza di Dio e del suo amore.
Dio ci ha consegnato dei doni da impiegare per il bene comune. San Girolamo commentando questo brano evangelico dice che questo padrone che parte per un lungo viaggio e Gesù Cristo. Egli consegna alla Chiesa, cioè a tutti noi i suoi beni: il Vangelo, i Sacramenti, la Fede, la Speranza, la Carità, i doni dello Spirito Santo, ma in modo particolare la preghiera e il perdono.
Accanto a questi beni spirituali abbiamo ricevuto altri beni di diversa natura. Pensiamo alla vita, il primo bene prezioso che c’è consegnato affinché ce ne prendiamo cura, la promuoviamo e difendiamo; pensiamo al creato, all’ambiente, doni di grande valore per la conservazione e la sopravvivenza della specie umana; alla bellezza esteriore, alle qualità artistiche e a quelle umane, come l’amicizia, la responsabilità, la fedeltà e la libertà.
Domandiamoci come utilizziamo tutti questi doni, se li mettiamo a disposizione della comunità per la crescita e il suo progresso spirituale, umano e culturale, oppure, li “nascondiamo” per paura.
La paura peggiore che possa avere un uomo è di farsi un’immagine falsa di Dio, che punisce, e spreca il suo tempo, altro preziosissimo dono, chiudendosi nell’egoismo per difendere i propri interessi e agi. Paura, pigrizia sono i mali che uccidono la comunità e non la fanno vivere e crescere.
San Francesco d’Assisi nella sua preghiera dirà: «Poiché è donando che si riceve, e perdonando che si ottiene il perdono, ed è morendo che si risuscita alla Vita eterna».
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