La Chiesa curi i malati nel corpo e nello spirito"
Dall'Omelia dell'11 Febbraio 2010 per la
XVIII Giornata mondiale del malato
"La Chiesa curi i malati nel corpo e nello spirito"
di Benedetto XVI.
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I Vangeli, nelle sintetiche descrizioni della breve ma intensa vita pubblica di Gesù, attestano che egli annuncia la Parola e opera guarigioni di malati, segno per eccellenza della vicinanza del Regno di Dio. Ad esempio, Matteo scrive: "Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt 4,23; cfr 9,35).
La Chiesa, cui è affidato il compito di prolungare nello spazio e nel tempo la missione di Cristo, non può disattendere queste due opere essenziali: evangelizzazione e cura dei malati nel corpo e nello spirito.
Dio, infatti, vuole guarire tutto l'uomo e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati (cfr Mc 2,1-12).
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"Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato" (Gc 5,14-15). Qui è evidente il prolungamento di Cristo nella sua Chiesa: è ancora Lui che agisce, mediante i presbiteri; è il suo stesso Spirito che opera mediante il segno sacramentale dell'olio; è a Lui che si rivolge la fede, espressa nella preghiera; e, come accadeva alle persone guarite da Gesù, ad ogni malato si può dire: la tua fede, sorretta dalla fede dei fratelli e delle sorelle, ti ha salvato.
Da questo testo, che contiene il fondamento e la prassi del sacramento dell'Unzione dei malati, si ricava al tempo stesso una visione del ruolo dei malati nella Chiesa.
Un ruolo attivo nel "provocare", per così dire, la preghiera fatta con fede. "Chi è malato, chiami i presbiteri". In questo Anno Sacerdotale, mi piace sottolineare il legame tra i malati e i sacerdoti, una specie di alleanza, di "complicità" evangelica.
Entrambi hanno un compito: il malato deve "chiamare" i presbiteri, e questi devono rispondere, per attirare sull'esperienza della malattia la presenza e l'azione del Risorto e del suo Spirito.
E qui possiamo vedere tutta l'importanza della pastorale dei malati, il cui valore è davvero incalcolabile, per il bene immenso che fa in primo luogo al malato e al sacerdote stesso, ma anche ai familiari, ai conoscenti, alla comunità e, attraverso vie ignote e misteriose, a tutta la Chiesa e al mondo.
In effetti, quando la Parola di Dio parla di guarigione, di salvezza, di salute del malato, intende questi concetti in senso integrale, non separando mai anima e corpo: un malato guarito dalla preghiera di Cristo, mediante la Chiesa, è una gioia sulla terra e nel cielo, è una primizia di vita eterna.
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Cari amici, come ho scritto nell'Enciclica Spe salvi, "la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società" (n. 30).
Istituendo un Dicastero dedicato alla pastorale sanitaria, la Santa Sede ha voluto offrire il proprio contributo anche per promuovere un mondo più capace di accogliere e curare i malati come persone. Ha voluto, infatti, aiutarli a vivere l'esperienza dell'infermità in modo umano, non rinnegandola, ma offrendo ad essa un senso.
Vorrei concludere queste riflessioni con un pensiero del Venerabile Papa Giovanni Paolo II, che egli ha testimoniato con la propria vita. Nella Lettera apostolica Salvifici doloris egli ha scritto: "Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza" (n. 30).
Ci aiuti la Vergine Maria a vivere pienamente questa missione. Amen!