“Chi mangia questo pane vivrà in eterno”
Riflessioni Varie sulla Parola
“Chi mangia questo pane vivrà in eterno"
Sul Vangelo di Giovanni (Gv 6,51-58)
22 giugno 2014 |
di Sac. Giuseppe Biamonte |
Oggi la Chiesa celebra la Solennità del Corpus Domini.
Nel Vangelo, Gesù, si paragona a un alimento indispensabile per la nostra sopravvivenza che non manca quasi mai sulla nostra tavola: il pane. Il pane ci rimanda alla tavola, alla casa, alla famiglia. La tavola è il luogo più sacro in cui la famiglia si riunisce, s’incontra, dialoga, si guarda. Essa è l’altare della piccola chiesa domestica. A tavola si riversa la memoria di tutti gli eventi familiari e si condividono le esperienze. Anche Gesù ha fatto le cose più importanti nel contesto di una a tavola: ha istituito il Sacramento dell’Eucarestia di cui celebriamo la solennità; si è piegato per la lavanda dei piedi degli apostoli; si è fatto commensale tra i peccatori per portare loro il "pane" della misericordia di Dio.
Il pane che Gesù dona è la sua stessa vita. Gesù si presenta come il vero pane della nostra alimentazione spirituale. Per questa ragione l’iconografia cristiana rappresenta Gesù nel simbolo del pellicano, quest’uccello che con il becco si lacera il torace per nutrire i pulcini con il proprio sangue. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per gli amici» (Gv 15,13). Questa vita è racchiusa nel sacramento dell’Eucarestia, che noi adoriamo come farmaco d’immortalità. Questo pane è vivo, perché è il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di nostro Signore Gesù Cristo.
Gesù promette la vita eterna già nel presente. Vita eterna significa non morire mai, invece la realtà ci dimostra che l’uomo muore. L’uomo di tutti i tempi ha sempre desiderato l’immortalità, prolungare la sua vita sulla terra. La società odierna, impotente nel sconfiggere la morte, escogita diverse soluzioni per esorcizzare e allontanare l’idea della morte: si serve della chirurgia estetica per tradire gli anni; della cura esasperata del corpo per vincere la paura della vecchiaia; della clonazione e della fecondazione artificiale per perpetuare la propria esistenza; utilizza parole che abbiano una presa meno traumatica come quella di eutanasia: la dolce morte. Chi di noi non ha paura della morte? L’idea della morte, invece, dovrebbe riportare l’uomo a riflettere sulla sua situazione di creatura. Senza la morte, non potrebbe sperimentare la sua finitudine, non alzerebbe lo sguardo verso Dio.
Gesù è l’uomo che ha sconfitto la morte con la sua vittoria della croce. Con la sua resurrezione ha riportato l’uomo al disegno originale di Dio: la vita eterna. A causa della disobbedienza dell’uomo, entrarono il peccato e la morte. Nel libro della Genesi, Dio aveva proibito ad Adamo ed Eva di non mangiare dell’albero della vita, perché se ne avessero mangiato di sicuro, sarebbero morti. «Nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen. 2, 16). Il diavolo, sovvertì il comando di Dio, dicendo ai nostri progenitori che non sarebbero morti affatto. «No, non morirete affatto» (Gen 3,4). Dio pose rimedio mandando suo Figlio che sconfisse la morte e il peccato.
L’Eucarestia ci ricorda che Dio è il Dio dei vivi non dei morti, che è amante della vita e non della morte. Essa è il testamento della solidarietà di Cristo: fate questo in memoria di me, cioè comunicate anche voi la vita attraverso il perdono, come io comunico la vita e la misericordia del Padre.
Nutrirsi dell’Eucarestia, significa diventare uomini eucaristici, capaci di donarsi ai fratelli, assumere gli stessi sentimenti di Gesù. Mangiare di Lui per vivere per lui significa compromettersi, coinvolgersi radicalmente con Cristo. Si diventa uomini eucaristici – solidali, solo se si è capaci di condividere l’esistenza, le scelte operate da Cristo.
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