Lasciò Nazareth…
Riflessioni Varie sulla Parola
Lasciò Nazareth…
Sul Vangelo di Matteo (Mt 4,12-23)
22 Gennaio 2017 |
di Sac. Giuseppe Biamonte |
Siamo giunti alla terza domenica del tempo ordinario e nel vangelo di oggi vediamo Gesù alle prese con un “trasloco”. Gesù si trasferisce da Nazareth in Galilea. Lascia Nazareth, il luogo, dove si era cresciuto, educato, dove ha trascorso gli anni più belli della sua infanzia e adolescenza, il luogo dove ha lavorato ed era circondato dagli amici, parenti e paesani. Gesù non lascia il suo paese perché è arrabbiato con la sua comunità ma perché ha una missione da compiere, quella di annunciare la Parola del Signore.
Le parole che accompagnano la sua fuoriuscita dal paese sono le seguenti: “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino”. Per convertirsi è necessario lasciare qualcosa, occorre sradicarsi da qualcosa. E’ quello che è successo ai quattro fratelli del vangelo, i primi a essere chiamati da Gesù. Simone e Andrea lasciano le reti con cui pescavano. Giovanni e Giacomo lasciano non solo le reti ma anche la barca e il loro padre.
Andiamo a vedere com’è avvenuta la chiamata dei primi fratelli. Li vede, li chiama e li invita ad andare dietro di lui con la promessa: vi farò pescatori di uomini. Per essere discepoli di Gesù, per essere autentici cristiani è necessario mettersi dietro al Maestro. Lui deve andare avanti per seguirlo e imitarlo.
Noi non possiamo metterci davanti a lui. Solo in questo modo possiamo realizzare la sua promessa: “Vi farò pescatori di uomini”. Andando dietro a Gesù si diventa uomini capaci di attirare altri uomini a Dio con la “rete” del Vangelo; s’impara dal Maestro l’arte della comunicazione, del dialogo, divenendo così uomini di relazione, uomini di Dio, uomini cristiani cioè di Cristo.
Nella seconda chiamata rivolta a Giacomo e a Giovanni l’evangelista rileva la stessa caratteristica: Gesù li vede, li chiama, ed essi lasciano subito le reti che stavano riparando, la barca e il loro padre. In questa seconda chiamata il lasciare diventa più difficile e gravoso, non si tratta solo di lasciare le reti, ma anche la barca e gli affetti. Per seguire Gesù occorre essere uomini liberi e spodestati, uomini sobri.
E’ bello considerare come le due chiamate avvengono in un contesto lavorativo: i primi due fratelli sono chiamati nel momento in cui sono colti nell’atto di gettare le reti, i secondi, invece, nell’atto di riparare le reti. I primi fratelli Andrea e Simone ci rappresentano quando anche noi siamo trovati dal Signore mentre “gettiamo” le reti della nostra esistenza, le fondamenta del nostro futuro. Queste reti, infatti, rappresentano le nostre fatiche, le nostre speranze, i nostri disegni, i nostri studi. Gesù in questo nostro “gettare”, fondare il futuro, nel trovarci così laboriosi desidera venirci in aiuto, ci chiama per realizzare la sua promessa; per diventare uomini che profumano di vangelo e di opere buone.
I secondi fratelli Giacomo e Giovanni ci rappresentano quando anche noi siamo trovati dal Signore, intenti a “riparare” le nostre reti, ossia tutte quelle situazioni e vicende complicate, tutte quelle ingiustizie o torti subiti o inflitti agli altri. Queste reti rappresentano, infatti, tutte quelle ferite che molto spesso ci portiamo addosso che ci sono state procurate da situazioni o persone diverse. In questo lavoro di “riparazione”Gesù ci chiama.
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