“Colui che tu ami è malato”
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Riflessioni Varie sulla Parola
“Colui che tu ami è malato”
Sul Vangelo di Matteo (Gv 11,1-45)
29 Marzo 2020 | di Sac. Giuseppe Biamonte |
In questa quinta domenica di Quaresima, troviamo Gesù in cammino verso Gerusalemme. Durante il viaggio viene raggiunto da una brutta notizia: “colui che tu ami è malato”.
Notate bene, nel vangelo non viene specificata, né la tipologia di malattia, né tanto meno viene menzionato il nome del malato, da parte di coloro che portano l’imbasciata a Gesù.
Il nome dell’ammalato, cioè Lazzaro, all’inizio, viene semplicemente sostituito con “colui che tu ami”.
E questo ci deve far riflettere perchè “colui che Gesù ama”, sono io, sei tu!
Dio ci ama di un amore infinito per mezzo del Suo Figlio Gesù.
Dobbiamo crederci!
Dal momento in cui Gesù riceve la notizia della malattia di Lazzaro, ritarda di proposito il suo arrivo a Betania.
Vi giunge dopo quattro giorni dalla sua sepoltura.
L’evangelista Giovanni, annota una frase che Gesù si lascia sfuggire: “Io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate”.
Gesù è contento, perché tutti i suoi discepoli saranno presenti all’evento della resurrezione di Lazzaro, e vedranno gli effetti della potenza nella sua preghiera rivolta al Padre.
Egli desidera rafforzare, così, la loro fede in Dio e mostrare loro, quei segni anticipatori della sua morte, in quella di Lazzaro, che lasciano spazio alla sua prossima risurrezione e alla sua Pasqua.
Questi segni sono rappresentati dalla pietra rotolata dal sepolcro, dalle bende e dal sudario del morto.
Solo l’apostolo Pietro e Giovanni, successivamente, avranno la grazia di vedere la pietra ribaltata dal sepolcro di Gesù, le sue bende e il suo sudario.
All’arrivo di Gesù a Betania, le sorelle di Lazzaro, lo rimproverano aspramente: “Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Esse, sono giustamente arrabbiate con lui perchè lo avevano mandato a chiamare. Avevano disperato bisogno di lui in quel momento difficile.
Ora, credono che Gesù sia venuto come tutti a farle le condoglianze, la visita di cortesia. A tutti verrebbe l’istinto di dire a un visitatore del genere: “che sei venuto a fare?”.
Anche a noi, molto spesso, può sembrare che il Signore non risponda alle nostre numerose preghiere, oppure, non voglia raggiungere il nostro dolore o quello dei nostri cari malati.
Credere in Dio e continuare ad avere fede, in questi momenti dolorosi per lo spirito, è un’impresa difficile per tutti, soprattutto quando la morte bussa in casa propria, colpendo uno dei nostri cari.
Ne fanno tragica esperienza, purtroppo, in questo delicato periodo, migliaia di fratelli in tutta Italia e nel mondo, che piangono la morte dei propri congiunti a causa del Coronavirus.
Chissà quante di queste Marta e Maria ci sono in giro, che ci rappresentano in questo momento; che piangono un proprio familiare e che elevano al Signore lo stesso rimprovero.
Tuttavia, nel vangelo si legge: “Quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente”. Dio si commuove nel vederci piangere e partecipa al nostro dolore perché è solidale con noi.
È questo il cuore di Dio: lontano dal male, ma vicino a chi soffre. Non fa scomparire il male magicamente, ma compatisce la sofferenza. La fa propria, abitandola.
Questa compassione e sofferenza per i dolori ed i mali di chi si ama, fa necessariamente parte dell’amore, perché il dolore per i mali di chi si ama è proprio della natura di Dio.
A chi vive la tragica esperienza del dolore e del lutto, Gesù, ripete ancora oggi, le stesse parole forti e confortanti del vangelo: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”.
Cosa vogliono significarci queste parole?
Queste parole vogliono significarci che chi accoglie Gesù, la Sua Parola, i Suoi sacramenti nei momenti difficili, riceve vita e risurrezione: la parte morta della sua anima si rigenera, la sua tomba viene scoperchiata, mentre, quella parte nuova, risorta di sé, è invitata a venire fuori. Chi, invece, non vuole vivere da risorto, cioè da figlio che vuole abbandonare la tomba del peccato, ha deciso già in cuor suo, di rimanere sigillato nel regno dei “morti”, nel cattivo odore della sua condotta.
Un’anima che non prega e non si alimenta alla fonte della risurrezione e della vita si decompone.
Inoltre, dobbiamo credere che con la morte la vita non ci viene tolta, ma trasformata. La nostra esistenza e quella dei nostri cari, dopo la dipartita da questo mondo, continua sotto una diversa dimensione, in una piena e perfetta comunione con Cristo. Incorporati e fusi in Lui.
Gesù stesso ebbe a dire in un altro passo del vangelo: “Questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quelli che egli mi ha dati, ma che li risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6,39).
San Paolo nella seconda lettura, ci conferma tutto questo, quando dice: “Che lo spirito di Dio che ha resuscitato Gesù dai morti, abita in noi. Il Suo Spirito darà la vita anche ai nostri corpi mortali”.
Gesù, Tu mi fai risorgere sciogliendo le bende che mi tengono prigioniero del male: possa io crescere nella fede e proclamare che Tu sei e doni la vita.
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