“Vogliamo vedere Gesù”
Riflessioni Varie sulla Parola
“Vogliamo vedere Gesù”
Sul Vangelo di Giovanni (Gv 12,20-33)
22 Marzo 2015 |
di Sac. Giuseppe Biamonte |
Nel cuore di ogni uomo c’è sempre l’anelito e il desiderio di Dio.
C’è una bellissima frase contenuta nel salmo ventisei che dice: «Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto».
E’ proprio di questo che l’uomo ha bisogno: di cercare il volto compassionevole di qualcuno, di cercare il volto di chi s’intenerisce della sua storia, della sua umanità, che s’intenerisce anche della sua debolezza.
Questo qualcuno, questo volto è Gesù.
Gli uomini greci di cui si parla nel vangelo cercavano Gesù, volevano vedere il suo volto.
Il loro cuore era stato raggiunto, toccato, e abbracciato dalla Sua Parola, da questa verità sanante.
Mentre salivano verso il tempio di Gerusalemme, Dio, cominciava già a istruire i loro cuori, a scrivere in essi una nuova legge, una nuova alleanza, ha imprimere nei loro cuori il Suo volto misericordioso.
La stessa bellissima avventura capitò un giorno a Zaccheo che cercava di vedere quale fosse Gesù, e, venne esaudito in questo suo forte desiderio.
Non sappiamo se i greci di cui ci parla l’evangelista Giovanni ebbero modo, poi, di incontrare Gesù, una cosa è certa: gli apostoli Filippo e Andrea gli parlarono di loro, gli espressero il desiderio, la preghiera profonda di questi uomini.
Il Signore si fa vedere e incontrare attraverso ciascuno di noi che siamo definiti da Lui “servitori”. “Dove sono io, là sarà anche il mio servitore”.
Siamo “servitori” del volto e della Parola di Cristo.
Siamo chiamati a “servire” il Signore presentando a Lui le necessità di ogni fratello, pregando per loro e prendendoci cura della loro salute spirituale.
Siamo chiamati a produrre frutti di grazia per i fratelli anche se questo “servizio” richiede un nostro “morire”.
L’apostolo Filippo non è stato precipitoso, non ha voluto operare da solo nel comunicare la preghiera dei greci a Gesù, ma ha voluto condividerla con Andrea e, poi, insieme si sono confrontati con Gesù.
Quanto abbiamo da imparare da Filippo come singoli cristiani, come gruppi, movimenti, associazioni che operano all'interno della Chiesa e della società.
Non è bello lavorare da soli, non si arriva da nessuna parte.
La condivisione è il seme che fa morire l’egoismo e la smania di protagonismo.
Essa, infatti, produce frutti di compartecipazione, intercessione, compassione e comunione.
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