“Al vedere la stella provarono una forte gioia”
Riflessioni Varie sulla Parola
“Al vedere la stella provarono una forte gioia”
Sul Vangelo di Matteo (Lc 2,1-12)
6 Gennaio 2015 |
di Sac. Giuseppe Biamonte |
Oggi la Chiesa celebra la Solennità dell’Epifania di nostro Signore.
Questo termine deriva dal greco che significa "manifestazione".
Il Vangelo di Matteo ci narra il viaggio di alcuni uomini detti "Magi", provenienti dall’oriente e accomunati da un unico desiderio: trovare Gesù.
Una semplice stella li guida. Si legge nel Vangelo: "Abbiamo visto sorgere la sua stella".
C’è un sorgere della fede nella vita dell’uomo che è anticipato da un desiderio di mettersi sinceramente sulle tracce di Dio. Dio si mette sulle tracce dell’uomo suscitando in lui, la luce della fede perché possa vedere l’ombra del suo passaggio nella sua vita. Il desiderio di incontrare il Signore e la preghiera alimenta questa luce interiore della fede.
E’ interessante notare (in parallelo) come lo stesso desiderio di "trovare" Gesù si trova anche nel cuore di Erode. Il suo, però, non era un desiderio santo, buono, ma un desiderio cattivo, quello di annullare, distruggere dalla propria vita Gesù.
Erode, vede in Gesù una minaccia al suo potere, un’antagonista, un nemico che vuole soffiargli il posto, dunque da abbattere.
Gesù è venuto, come dicono le scritture, come capo per pascere il popolo. Non come un capo politico che esercita il suo potere con il comando e le armi, ma come capo mite e umile che vuole nutrire gli uomini con il Suo corpo e il Suo sangue.
Non scandalizzatevi di ciò che sto per dire: Erode, strumentalizza le scritture, la "Chiesa" per arrivare a Gesù, non per adorarlo, ma per ucciderlo. Si serve delle scritture per mantenere il suo potere, il suo prestigio all’interno della città. Una religione asservita al potere.
Guai a noi, se dovessimo cadere nella tentazione di fare della Parola del Signore o della stessa Chiesa un mezzo per garantirci un posto o per uccidere un fratello.
Oserei dire che il re Erode "arriva" prima dei Re Magi da Gesù, ma non lo raggiunge.
Lui stesso, interpella, studia le scritture, e poi, li invia a Betlemme.
Erode s’informa accuratamente del bambino, non perché gli interessi la sua storia personale fatta di povertà, sofferenza e di enormi sacrifici patiti da Sua Madre Maria e da Giuseppe, ma perché ha aperto una guerra di odio interna contro di Lui.
Erode ha paura di perdere.
La curiosità di indagare sulla vita personale di Gesù e di avere maggiori notizie su di lui, alimenta la sua ansia distruttiva. Guai a noi, se dovessimo cadere nella stessa tentazione: di una smaniosa voglia di critica, di pettegolezzo, d’intromissione nella vita spirituale e intima dei fratelli.
I re Magi si fidano e partono alla ricerca. Essi sono un esempio di uomini di fede, uomini che ci insegnano a saper pregare. Si spogliano di tutto. «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono».
I Magi adorano, pregano in silenzio senza tante parole e liturgie. Il loro offertorio nei doni dell’oro, dell’incenso e della mirra vuole rappresentare una resa, o meglio ancora una consegna incondizionata di tutto l’uomo a Dio: di ciò che ha e di ciò che è nella vita.
Con l’offerta dell’oro, vogliono presentare al Signore il valore della nostra dignità di Figli di Dio, della Sua stessa regalità; con l’incenso, vogliono presentare il profumo delle nostre preghiere, unite a quella della liturgia celeste, della nostra carità, delle nostre opere di misericordia; con la mirra, vogliono presentare l’umana debolezza e sofferenza umana, bisognosa sempre di essere sanata e guarita.
.
.