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Quarantacinque morti per asfissia in un vecchio barcone!

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QUOTIDIANITA' E VITA

Quarantacinque morti per asfissia in un vecchio barcone!


6 Luglio 2014

                                                                                                                                                                di Egidio Chiarella


Il 18 maggio scorso ci eravamo soffermati sulle tragedie che hanno interessato negli ultimi anni il canale di Sicilia, parlando della visita di Papa Francesco a Lampedusa. Denunciavamo l’indifferenza dell’Europa che forse finalmente incomincia ad aprire gli occhi. In questi giorni, infatti, si pensa di nominare un commissario per i rifugiati, affrontando la questione in chiave europea e non solo italiana. Oggi ritorniamo sul tema, perché da credenti e cristiani sentiamo il bisogno, per la parte che ci compete, di non coprire con il silenzio quanto è avvenuto all’inizio della settimana in mare, di fronte a Pozzallo, in provincia di Ragusa.

45 persone, uomini, donne e bambini sono morti per asfissia, nella sala macchine di un peschereccio con a bordo 600 profughi. I cadaveri sono stati trovati tutti all'interno del vano ghiacciaia, "accatastati l'uno sull'altro, come all'interno di una fossa comune, che ricorda Auschwitz", così si espresso sconsolato il capo della Squadra mobile di Ragusa, Antonino Ciavola. Gli sfortunati che non potevano uscire all’aria aperta, perché sulla botola che ne chiudeva il passaggio vi erano accalcati oltre 500 compagni di viaggio, sono stati costretti ad inalare il letale monossido di carbonio emesso dai vecchi motori.

Il drammatico racconto dei testimoni, davanti alla squadra mobile di Ragusa, ci rende visibile l’inferno in cui si sono trovati anche gli scampati alla morte."Trattati come bestie dai libici" che hanno compiuto "violenze inaudite nei confronti di tutti, ma in particolare degli uomini del Centro Africa". Tra le persone sentite anche amici e lontani parenti delle vittime, alcune delle quali hanno già un nome, sebbene non ancora in forma ufficiale. Una di loro ricorda: "Abbiamo provato a salvarli appena ci siamo resi conto di quello che stava succedendo, ma purtroppo era tardi, sembrava dormissero, non pensavamo fossero morti...".

Tutti comunque accusano con forza i trafficanti libici: "È stata tutta colpa loro - ricostruisce un migrante - ci hanno messo lì dentro come bestie e non potevamo neanche uscire perché sopra era tutto pieno, non ci potevamo muovere".   Un sopravvissuto ha riferito di aver fatto presente la pericolosità a cui si andava incontro, ma senza successo: "Abbiamo chiesto di potere tornare indietro, perché eravamo troppi e rischiavamo, ma non c'è stato alcunché da fare: ci hanno detto 'ormai siete qui e dobbiamo arrivare in Italia'". Parliamo comunque dei morti accertati, perché nessuno è in grado di contare i "morti invisibili" del mare. Chi mai dirà qualcosa al mondo dei circa settanta rifugiati dispersi, in questa ultima settimana, nel canale di Sicilia?

C’è un mondo ormai che si mescola, che cambia, che ha bisogno di fratellanza, di pace, di autentica solidarietà. Il vangelo ci insegna a non voltarci di spalle dinnanzi alla tragedia dello straniero. Proprio tra gli sventurati, ci ha insegnato Gesù, troveremo la sua presenza viva e attuale del Figlio dell’Uomo. La questione è seria, perché sarà ancora centrale per gli anni che verranno. Il nuovo santo, Giovanni Paolo II, invitava le nazioni ad aprire le porte a Cristo, per risolvere i problemi che abbiamo dinnanzi. È l’unica strada, per non rischiare di riportare indietro le lancette della storia.

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