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Una Mezzocredente in Pellegrinaggio

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Una Mezzocredente in Pellegrinaggio

di Cristina Funaro.

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Giungiamo a San Giovanni Rotondo intorno alle 17.00. Mentre attendiamo nella hall la consegna delle chiavi della stanza, don Tommaso ci avverte che alle 18.30 sarà celebrata la Messa nella cappella. La cappella è quella dell'hotel S. Giuseppe gestito dalle suore. E' la seconda volta che ci vado. Però la Messa alle 18.30 proprio non ci voleva! San Giovanni Rotondo mi piace come paese, ci sono dopo quattro anni e sono decisa ad andare a visitare la chiesa, la nuova sistemazione della tomba di padre Pio e poi a girare per i negozi alla ricerca di pensierini. A Messa magari ci vado domani che è domenica, la prima d'avvento.…. per stasera faccio come dico io. Sono due anni che non frequento più assiduamente la parrocchia, negli ul-

timi mesi ho ripreso ad ascoltare la messa, a riavvicinarmi in qualche modo, ma sento che alcuni tasselli mancano. La mia fede non è più totale e assoluta come un tempo, qua e là ci sono crepe. Credo che Dio esista e che il modo migliore per rendergli onore, sia attraverso il prossimo. Altro non so. A volte mi perdo in letture teologiche o in spiegazioni di teorie atee, ma il mio punto fermo è quello: Dio esiste e si onora tramite il prossimo.
Scendo con mia figlia e nella hall c'è la signora Giulia che mi chiede dove sto andando, "A salutare Padre Pio", rispondo frettolosa, e lei: "Ma mò c'è a Missa…ci jamu dopu tutt'assiami!". Niente da fare, le dico che ho deciso di fare così e amen.
L'aria di San Giovanni Rotondo è frizzantina, siamo del resto al 28 novembre, ma almeno ha smesso di piovere. L'ospedale è illuminato, in alto la scritta "CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA", la mostro a mia figlia e le racconto sommariamente la storia finché il sagrato della chiesa di Santa Maria degli Angeli non ci si para davanti. Che faccio? Scendo nella cripta…. no, entro prima in chiesa, ma c'è una concelebrazione solenne a cui partecipa l'arcivescovo. Esco e imbocco la porta a sinistra; ci sono le suore che vendono ricordini e, se uno vuole, fanno l'abbonamento alla rivista "LA VOCE DI PADRE PIO". Chiedo se è possibile confessarsi, la risposta è no, perché c'è la Messa. Mi dirigo verso un'altra uscita e imbocco un corridoio dove un prete dalla stola viola sta passeggiando con le mani intrecciate dietro la schiena. "Confessa, padre?" gli domando. No, non confessa perché l'arcivescovo sta concelebrando! Proseguo a camminare velocemente quasi tirando mia figlia, che ad un tratto esclama: "O mà… guarda chi c'è..." e mostra col dito. Mi volto e sobbalzo! E' una perfetta riproduzione in cera di Papa Wojtyla, mi avvicino e prendo cognizione della vetrina che lo racchiude. "Sembra vero" è la considerazione più elementare e più autentica che mi viene da fare. Però mi sento smarrita e provo anche un senso di paura, magari è la stanchezza! Le mani del Papa di cera sono poggiate sulle sue ginocchia, anche mia nonna si metteva così quando mi doveva rimproverare. Quale appunto mi avrebbe fatto in quel momento? Che non dovevo essere lì, ma nella cappella dell'albergo insieme al mio parroco, alla mia gente che si apprestava a celebrare la messa. Neanche padre Pio avrebbe gradito una visita così: furtiva, frettolosa, con l'animo in subbuglio. Sono le 18.25, posso ancora farcela e poi Don Tommaso non è mai puntuale. Io e mia figlia ripercorriamo, correndo, viale Cappuccini fino all'hotel. Sono le 18.35 quando entriamo nella cappella…. la messa ancora non è iniziata e ci vorrà ancora un po' perché trovo Don Tommaso un attimo prima che indossi i paramenti e riesco perfino a confessarmi.
Il pellegrinaggio è proseguito nel migliore dei modi, la sintonia di spirito creatasi tra noi partecipanti   è stata suggellata da don Tommaso  con la frase "Siamo stati dono gli uni per gli altri" , pronunciata al termine del viaggio. C'è stata anche una tacita riconciliazione tra me e alcune persone con cui non ci si parlava da tempo.
Sono riuscita a vedere, ed a fare, tutto quanto desideravo ed anche di più. Ho compreso che ci sono luoghi che offrono pace e riposo all'anima, a qualunque anima, anche ad una mezzocredente come la mia, a patto che sia ben disposta. A San Giovanni Rotondo ci si riconcilia con se stessi, fosse solo per il tempo del pellegrinaggio… fa sempre bene. Nella navata di Santa Maria degli Angeli, nelle corsie di Casa Sollievo della Sofferenza ci si sente in un'oasi di riparo dagli affanni quotidiani. Si riflette sulla propria esistenza, sulla vita interiore con una pacatezza che sgorga proprio dal fatto di trovarsi in quei luoghi, anzi direi, esclusivamente in quei luoghi e non di rado balenano alla mente anche le soluzioni adatte.  Neppure i lunghi viaggi in località rinomate capita che ti rinfranchino come un giorno e mezzo lì. Mattina di domenica 29 novembre, al termine della visita a Casa Sollievo, ho trovato il Trenino del Pellegrino pronto a scendere nel centro di San Giovanni Rotondo. Mentre il Trenino percorre le strade del centro, un altoparlante narra la storia della cittadina. Si arriva fino alla piazza principale del paese, in mezzo ai sangiovannesi che, usciti dalla Messa, si fermano a chiacchierare  come succede in tutte le piazze del mondo, mentre i bambini giocano ai piedi di una grande statua raffigurante San Pio ad opera di Pericle Fazzini, lo scultore del vento (lo stesso del Cristo della sala Nervi a Roma). La particolarità della scultura, oltre al fatto di essere tutta slanciata verso l'alto, con un  San Pio, smunto ma trionfante nell'atto di sollevare un ostensorio, è che nel basamento sono illustrati, nascosti come in un gioco, vari episodi della vita del Santo.

Sono trascorsi quasi venti giorni dal pellegrinaggio, le sensazioni vanno sfumando, rimane la certezza di avere provato momenti di autentica pace e la speranza che mi arrivi presto il primo numero della "VOCE DI PADRE PIO", a cui mi sono abbonata quella sera al banco delle suore, unico regalo che ho fatto a me stessa nel tornare da San Giovanni Rotondo.

Famiglia Missionaria San Nicodemo

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15 Dicembre 2009

 
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