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Omelia di S. E. Mons. Luigi A. Cantafora
Messa del Crisma 2010
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... Non mancano, oggi, fraintendimenti su chi sia il sacerdote e il parlare di “identità” può sembrare una forzatura, in una società relativistica. Ma proprio in questo tempo, «è particolarmente importante – sono parole del Santo Padre -
C’è bisogno, dunque, di preti profetici, «che parlino di Dio al mondo e che presentino a Dio il mondo» (Ibidem).
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Oggi va di moda, poi, l’affermazione che il prete sia un uomo, ma secondo un’antropologia distorta, per cui il peccato apparterrebbe alla natura umana e sarebbe inevitabile. Piuttosto, peccare è disumano: il peccato ferisce la nostra dignità. L’uomo vero, compiuto, è colui che rilegge continuamente la sua vita nel progetto del Creatore, nella verità che è Cristo, il Redentore (cfr. BENEDETTO XVI, Discorso, 18 febbraio 2010) ...
Saluto con animo grato il Vicario Generale, monsignor Pasquale Luzzo, tutti voi amati presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose, i seminaristi, i fedeli laici. Un pensiero particolare nella preghiera vada oggi ai confratelli assenti, perché malati o impediti: li ricordiamo tutti con affetto.
Siamo nel dies natalis del nostro sacerdozio ministeriale in questo anno che Benedetto XVI ha voluto dedicare al sacerdote, per approfondire il nostro itinerario di santità, affinché cresca la nostra testimonianza evangelica.
Non mancano, oggi, fraintendimenti su chi sia il sacerdote e il parlare di “identità” può sembrare una forzatura, in una società relativistica. Ma proprio in questo tempo, «è particolarmente importante – sono parole del Santo Padre -
C’è bisogno, dunque, di preti profetici, «che parlino di Dio al mondo e che presentino a Dio il mondo» (Ibidem).
2. «Lo Spirito del Signore è sopra di me... mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio…» (Lc 4,18). Per la Sacra Ordinazione, il sacerdote è «partecipe dell’autorità profetica di Cristo e della Chiesa» (Pastores dabo vobis, n° 26). Mio intento è oggi sottolineare il nostro ministero della parola, pur consapevole che ben più ricca è la nostra identità e missione sacerdotale.
Si fa infatti acuta la sete di ascoltare una parola capace di irradiare luce nello smarrimento attuale, nel vuoto spirituale di una società nella quale l’uomo va perdendo se stesso, perché senza Dio.
Già il Concilio ricordava che i nostri contemporanei «sentono il peso dell’inquietudine, tormentati tra la speranza e l’angoscia, mentre si interrogano sull’attuale andamento del mondo. Il quale sfida l’uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta» (GS, n° 4).
È proprio attuale la parola del profeta Amos: «Ecco, verranno giorni … in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore» (Am 8,11).
Durante la visita pastorale sto incontrando, senza formalità, giovani e adulti che, pieni di tante belle potenzialità, attendono di essere fecondati dal vangelo.
Purtroppo, le nostre proposte pastorali non riescono talvolta ad andare oltre i rapporti amicali. Talora si offre un culto “religioso” incapace di incidere nella vita e ci si limita a conservare l’esistente.
Certamente, non mancano esempi fecondi di presbiteri generosamente donati! Ma occorre tanta creatività e collaborazione tra i sacerdoti e con i laici, per non aggiungere isolamento a isolamento nelle nostre comunità.
Perché non pensare, allora, a dare maggior impulso alla vita comunitaria dei sacerdoti e alla sinergia delle parrocchie limitrofe?
Si distribuirebbe meglio il carico pastorale con beneficio per tutti fedeli. E si potrebbe porre un argine a quel falso sentimento che alberga talvolta nel parroco, che non si sente abbastanza valorizzato perché la propria parrocchia è troppo piccola. Ma il Cristo ha versato il suo sangue per tutti, anche per chi abita nelle contrade più sperdute!
3. Per meglio cogliere la bellezza del nostro servizio della Parola di Dio, desidero riflettere su alcuni passi biblici che tratteggiano per noi la figura del profeta.
a) Anzitutto, il profeta non si auto-
Eppure, secondo il suo disegno di amore, il Signore ci ha scelti, gratuitamente, senza nostro merito. Il nostro animo si apra allora allo stupore e alla gratitudine commossa, perché siamo stati beneficati!
La gratitudine ci spinga a propositi di conversione sincera, per abbandonare quelle abitudini che favoriscono il cinismo, l’indifferenza e la rassegnazione e spengono così la nostra passione apostolica.
b) Il profeta non è un angelo né un semidio, ma è un uomo, pronto ad affidarsi a Dio. Ancora: è un fratello tra fratelli «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò» (Dt 18,18).
Così il sacerdote parla di Dio restando anch’egli un discepolo di Cristo, chiamato ad ascoltare la sua voce, senza mai ritenersi un arrivato, ma piuttosto costantemente bisognoso di conversione.
La consapevolezza della propria debolezza -
Dobbiamo riconoscere con sincerità che talvolta i comportamenti di alcuni presbiteri hanno offuscato il volto della Chiesa, sacramento di Cristo nel mondo. Ma non dimentichiamo di rendere grazie a Dio per la numerosa schiera di sacerdoti che, in Diocesi e in tutto il mondo, donano la propria vita, spesso silenziosamente, per l’edificazione del Regno di Dio.
c) «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Il sacerdote, ancora, non è un mestierante, ma l’uomo della gratuità e del servizio esclusivo di Dio e dei fratelli. Il mondo va abitato, ma profeticamente, senza colludere con la logica e la mentalità mondana. Addirittura, il prete è chiamato a portare su di sé, come Cristo, il rifiuto e «il peccato di molti» (Is 53,12): «È stato annoverato tra gli empi» (Is 53,12).
Non giovano le parole compiacenti, gli sconti sulla dottrina o sulla morale, i compromessi con un “ideale di vita borghese”. Il re David era circondato da profeti autentici, quali Samuele, Natan e Gad. Questi lo sostenevano, ma sapevano anche pronunciare oracoli contro di lui, quando non agiva secondo Dio.
Papa Benedetto ha affermato recentemente: «Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire e amare, di relazionarsi con le persone, anche nell’abito, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale, dal suo essere profondo.
Di conseguenza, deve porre ogni cura dal sottrarsi alla mentalità dominante» (Discorso, 12 marzo 2010).
d) Gli uomini cercano sulle labbra del sacerdote una parola profetica. Che cosa dunque caratterizza la parola suscitata da Dio? Essa è più di un’esposizione dottrinale, intellettuale o emotiva.
Profetica è quella parola che è capace di interpretare la storia propria e altrui con la luce di Dio. Il profeta sa leggere dentro gli eventi, ne coglie la profondità, ne svela il senso nascosto, cioè la potenza di Dio all’opera.
Così, egli «vede quello che l’Onnipotente gli fa vedere» (Nm 24,16) ed è come una sentinella: «Così mi ha detto il Signore: “Va’, metti una sentinella che annunci quanto vede» (Is 21,6).
L’occhio comune, che giudica secondo la carne, non riesce a cogliere il male, gli inganni, il pericolo, quando è ancora lontano.
Il profeta invece è «l’uomo dall’occhio penetrante» (Nm 24,3.15): scruta in profondità e ha da Dio il coraggio di gridare, di svegliare le coscienze intorpidite, di chiamare a conversione.
E quando lo sguardo comune non riesce ad andare oltre una realtà disastrosa, quello profetico sa cogliere i germi di bene nascosti, sepolti in mezzo alle macerie e sa ravvivare il soffio dello Spirito e infondere coraggio.
Profetica è allora la parola che interpreta il disegno di Dio, legge dentro la storia dei singoli e dei popoli e sa discernere il passaggio del Signore e il suo volere!
4. L’altezza della nostra vocazione profetica, che ho finora brevemente tratteggiato, ci spinge, come presbiteri, a coltivare con serietà il nostro rapporto con il nostro Signore.
Non può mancarci, allora, la familiarità con la Parola di Dio, la disponibilità profonda a lasciarci plasmare da Dio, nella fedeltà alla Tradizione e al Magistero della Chiesa.
«Solo “rimanendo” nella Parola, il sacerdote diventerà perfetto discepolo del Signore, conoscerà la verità e sarà veramente libero, superando ogni condizionamento contrario od estraneo al Vangelo» (Pastores dabo vobis, n° 26).
Siamo gli uomini dell’intimità con Dio, chiamati a dargli testimonianza con la parola e la vita. Il sacerdote è l’uomo espropriato da sé, «non appartiene più a se stesso ma, per il sigillo sacramentale ricevuto…, è “proprietà” di Dio» (BENEDETTO XVI, Discorso, 12 marzo 2010).
Il prete è allora l’uomo che fa della radicalità evangelica lo stile quotidiano della sua vita: è la «radicalità dell’amore, che Cristo ci ha mostrato e donato» (BENEDETTO XVI, Lectio divina con i seminaristi, 12 febbraio 2010).
Lasciamo allora che sia la Parola di Dio a dare senso agli eventi della nostra vita e a guidare le nostre scelte. Cristo è colui che può farci riconciliare con noi stessi, col nostro passato, con le sue ferite e i suoi drammi e ci dona di camminare in una vita nuova.
Se saremo uomini che hanno la Parola di Dio nel cuore, nel nostro ministero potremo versare sulle ferite dell’uomo l’unguento, che è il Cristo, morto e risuscitato. Il prete tutto avvolge nella misericordia dell’amore gratuito del Signore, che ci precede e accompagna sempre.
Cristo è l’olio fluente di questa Santa Liturgia. Egli è la chiave per interpretare la nostra storia personale e aiutare i nostri fedeli a leggere la propria vita alla luce del mistero pasquale. In ogni evento, con la luce dello Spirito Santo, ci sia dato di cogliere la mano amorevole del Padre, che vuole la nostra vita, il nostro bene, la nostra pace.
Viviamo così anche i fallimenti personali come una grazia: il Cristo, nel totale fallimento, ha inaugurato il tempo nuovo e ha cambiato la storia: «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno» (Gal 3,13).
5. Concludo con Benedetto XVI: «Oggi la profezia più necessaria è quella della fedeltà, che partendo dalla Fedeltà di Cristo all’umanità, attraverso la Chiesa ed il Sacerdozio ministeriale, conduca a vivere il proprio sacerdozio nella totale adesione a Cristo e alla Chiesa» (Discorso, 12 marzo 2010).
Ci affidiamo all’intercessione della Vergine Maria di Visora e preghiamo gli uni per gli altri, perché il nostro presbiterio, nella varietà dei doni di ciascuno e nell’unità attorno al vescovo, mostri nella nostra terra la bellezza del vangelo e si diffonda così il buon profumo di Cristo, nostra Pasqua. Amen.
Famiglia Missionaria San Nicodemo
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11 Aprile 2010