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16 Luglio 2009

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Riflessione sul Vangelo del Giorno

16 Luglio 2009 - Giovedì della XV Settimana

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,28-30)

In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


Riflessione su Mt 11,28-30

di Sac. Tommaso Boca



L’uomo é fragile per le ferite del peccato originale, per quelle causate dai suoi peccati ma anche per le difficoltà che ci sono nell’esercizio della vera libertà, essendo questa sottoposta necessariamente al libero arbitrio. Dunque l’uomo può comportarsi in modo difforme da quello che la coscienza approva, ma quando accade l’uomo ne è cosciente.
Di fronte a questa conoscenza ci sono uomini che vogliono vivere divisi in se stessi, per diversi motivi: magari per mancanza di coraggio, per orgoglio o per pigrizia. Ci sono invece altri uomini che vorrebbero vivere coerentemente, ma  avvertono che la lotta contro il male è molto forte e stanca,  che l’oppressione che deriva dal Male, e da coloro che vi aderiscono, i quali sempre perseguitano il giusto (cfr. Sap 2,10-12),  è molto dura.  Coloro che intendono camminare nella via della verità e della giustizia sono affaticati e oppressi.
Gesù viene incontro a costoro, intanto come Verità assoluta, perché chi fa la verità lo incontra, ma incontrandolo lo incontra pure come Onnipotente e come Sapiente. Come Onnipotente, perché non permette mai che le nostre prove possano essere superiori alle nostre forze, come Sapiente perché, come avviene in questo brano del Vangelo, ci indica le qualità che dobbiamo mettere in moto, per essere vittoriosi nella nostra lotta esistenziale, quelle stesse qualità che lui ha messo in moto nella sua vita terrena. Egli ci dice: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”.
La mitezza è l’atteggiamento dell’agnello, della colomba, anche per non allontanare con la violenza o con il male coloro che nel male vivono, ma è anche l’atteggiamento del povero di Jahvé, di colui che si affida alla forza della verità, all’aiuto onnipotente del Signore, il quale peraltro ha il dominio della storia e non permette mai che le nostre prove siano superiori alle nostre forze, e alla sua giustizia (cfr. CCC 716).
Poi Gesù ci insegna l’umiltà. Un’umiltà di cuore e non di facciata, che penetri il profondo del nostro essere e formi la nostra coscienza negli atteggiamenti da assumere riguardo di Dio e agli uomini. L’umiltà, che è verità, è alla base di ogni virtù, dunque anche della carità, dell’amore verso Dio e verso gli uomini, del farsi servi di Dio e degli uomini. L’umiltà dunque permette di mettere al primo posto l’amore di Dio e di non preoccuparsi della gloria degli uomini: se non si è umili non soltanto non si ama ma neppure si crede (cfr. Gv 5,44).

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