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Messaggio del Vescovo alla Diocesi per il Natale 2009

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Messaggio del Vescovo alla Diocesi per il Natale 2009
«L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo» (Benedetto XVI)

di S.E. Mons. Luigi A. Cantafora
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Alcuni personaggi biblici ci accompagnano nel tempo di Avvento, per disporre i nostri cuori ad accogliere il Signore che viene. Tra questi vi è Giovanni il Battista, il cui concepimento e la cui nascita avvennero in circostanze straordinarie, che ci rivelano anche la grandezza della sua missione.

Zaccaria ed Elisabetta, i suoi genitori, erano ormai avanzati negli anni, non avevano figli e quindi, secondo la mentalità del tempo, Dio li aveva privati della sua benedizione (Sal 128,3-4). Sterilità e vecchiaia erano pensate come espressioni di una realtà senza futuro. Anche per loro ogni speranza sembrava essere svanita: si percepivano collocati in una situazione umanamente irreversibile e causa di disonore e vergogna (Lc 1,25). Eppure, Luca li chiama "giusti" (Lc 1,6). È vero: nell'imperscrutabile disegno di Dio, il giusto soffre, si ammala e muore come l'empio. Da ciò nasce spontanea è l'invocazione: "Svegliati! Perché dormi, Signore?" (Sal 44,24). E infatti il Signore non rese vana la loro speranza, e si manifestò!

E la nostra società? La speranza sta facendo naufragio anche da noi? La denatalità ne è un sintomo preoccupante. In Italia nel 2008 la differenza tra nascite e decessi ha registrato un saldo negativo di 3.700 unità e, circa le nascite, si fa sempre più importante il contributo delle madri di cittadinanza straniera. Andrebbe approfondita con attenzione la questione se, in un futuro abbastanza prossimo, ancora esisterà la civiltà europea che conosciamo oggi, a causa dell’aumento e della fecondità degli immigrati di altre religioni. Certo, si tratta di un’argomentazione complessa e articolata, che va affrontata e dibattuta nelle sedi appropriate. Per adesso consideriamo che nel solo territorio regionale calabrese (dati Caritas e Migrantes), per mantenersi sulla soglia dei due milioni di popolazione residente, al fine di coprire i posti di lavoro e riempire i banchi di scuola, per il 2020 avremo bisogno che ulteriori 84.000 stranieri vengano ad abitare da noi. Altri dati: in Calabria nel solo anno 2006 si sono registrati ben 3.454 aborti e in Italia 117.156 (dati Istat). Nella nostra Diocesi, nello stesso anno, è stato calcolato un “indice di vecchiaia” della popolazione residente del 117,80 (numero di anziani con età pari o superiore ai 65 anni rispetto a 100 giovani sotto i 14 anni - Elaborazione CEI su dati Istat).

Certamente, la
chiusura al dono dei figli e la diffusione dell’aborto, della contraccezione e di una mentalità antinatalità e pro-eutanasia, da taluni considerati addirittura un progresso, sono segnali preoccupanti. Scriveva Benedetto XVI: «L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Quando una società si avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo» (Caritas in Veritate, n° 28).

Ciascuno di noi, inoltre, è a conoscenza che
la vita e la speranza vengono minate e aggredite quotidianamente da numerosi altri fenomeni, quali la disoccupazione, il traffico e lo spaccio della droga e la conseguente tossicodipendenza, l’alcolismo, i veleni che provocano i disastri ambientali, la criminalità organizzata, le crisi di relazioni umane sociali e le crisi familiari. Anche l’esperienza quotidiana, i contatti con la gente mostrano una generalizzata crisi di speranza, al punto che la rassegnazione sembra avere l’ultima parola. I nostri giovani sembrano un po’ la misura della crisi della speranza generale, quando vivono non trovando altro spazio se non per l’inquietudine, i paradisi artificiali ed effimeri. Tante sono le incertezze: c’è crisi di futuro anche per loro.

Assomigliamo a Zaccaria ed Elisabetta, sterili e anziani, senza futuro? Eppure abbiamo da imparare molto dalla loro vicenda. Ancora una volta abbiamo tanto da apprendere dall’insegnamento evangelico, proprio per affrontare il nostro oggi e dare un senso al nostro vivere quotidiano. In Zaccaria ed Elisabetta, infatti, la speranza non era morta: Zaccaria continua a pregare e a sperare (Lc 1,13), anche se poi rimarrà muto per la sua incredulità.

Proprio in questa situazione disperata, il Signore interviene, concretamente, inviando il suo angelo: Gabriele è latore della Parola di Dio. Dio interviene efficacemente, attraverso la sua Parola. Elisabetta concepisce, seguendo il corso naturale della cose, e il Signore toglie la sua vergogna fra gli uomini (Lc 1,25).

Dio mantiene le sue promesse e supera le attese stesse di questa santa coppia: il figlio che nascerà dalla loro unione sarà un profeta eccezionale, addirittura il precursore del Signore (Lc 1,15-17). Molti gioiranno per la sua nascita (Lc 1,16), perché grazie a lui conosceranno il Cristo. Egli ricondurrà «i cuori dei padri verso i figli» (Lc 1,17), aiuterà a ricostruire il dialogo tra genitori e figli, quella trasmissione della sapienza e della fede che si interrompe a causa del peccato e della ribellione (Dt 6,20ss).

Dio dona la vita proprio laddove sembra impossibile, apre la speranza dove regna la disperazione, benedice proprio nel luogo della maledizione. Noi, dunque, non lasciamo cadere le braccia, impariamo meglio a stare nelle situazioni anche difficili, sappiamo sperare nella presenza amorevole di Dio, al quale nulla è impossibile!
Questo tempo di Avvento ci assicura che il Signore è venuto e viene sempre: bussa alle porte del nostro cuore attraverso la sua Parola, che la Chiesa annuncia: «Se uno mi ama - dice il Signore - osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).

«Alzatevi e levate il capo» (Lc 21,28):
lasciamo rassegnazione e paure. Se il tuo respiro si è fatto corto, Cristo ti dona il suo; rinasce la speranza ed apre sentieri nuovi. Accogliere il Signore che viene non significa chiudersi in una pia illusione o vivere fuori della storia. Piuttosto, «la disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso» (Caritas in Veritate, n° 78). Apriamoci alla volontà del Signore su di noi. Allora questo nostro “oggi” non sarà il contenitore delle nostre paure, ma l’epifania delle nostre speranze.

La nostra terra attende uomini e donne, protesi verso Dio, e quindi pronti ad accogliere la vita, perfino quando è fragile, malata, ancora nel grembo, morente, senza discriminazioni di sorta. Sono coloro che seminano granelli fecondi fruttuosi di bene comune, di solidarietà, di pace, di giustizia, di perdono. E danno un nuovo volto alle nostre contrade e alla nostra Chiesa.

Auguri, carichi di speranza. Vi benedico.

Famiglia Missionaria San Nicodemo

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17 Dicembre 2009

 
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